Ricorso proposto dalla Regione Veneto (C.F. 80007580279  -  P.IVA
02392630279), in persona del Presidente della Giunta Regionale  dott.
Luca Zaia  (C.F.  ZAILCU68C27C957O),  autorizzato  con  deliberazione
della Giunta regionale n. 1842 del 14 ottobre 2014 (allegato  n.  1),
rappresentato e difeso, per mandato  a  margine  del  presente  atto,
tanto unitamente quanto disgiuntamente, dagli avv.ti Ezio Zanon (C.F.
ZNNZEI57L07B563K)  coordinatore  dell'Avvocatura  regionale  e  Luigi
Manzi (C.F. MNZLGU34E15H501V) del Foro di Roma, con domicilio  eletto
presso lo studio di quest'ultimo in Roma, Via Confalonieri, n. 5 (per
eventuali   Comunicazioni:   fax   06/3211370,   posta    elettronica
certificata luigimanzi@ordineavvocatiroma.org  contro  il  Presidente
del  Consiglio  dei  Ministri  pro-tempore,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e'  domiciliato
ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12 per  la  dichiarazione  di
illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 5,  d.l.  24  giugno
2014, n. 90, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  11  agosto
2014, n. 114 nella parte in cui ha abrogato l'art 76,  comma  7,  del
d.l. 25 giugno 2008 n. 112, come convertito  dalla  legge  n.  133/08
(Pubblicato nella G.U. 18 agosto 2014, n. 190) 
 
                                Fatto 
 
    L'art. 76, comma 7, del d.l. 25 giugno  2008  n.  112,  rubricato
«Spese  di  personale  per  gli  enti  locali  e  delle  cartiere  di
commercio» come convertito dalla legge n. 133/08  statuisce  che  «E'
fatto  divieto  agli  enti  nei  quali  l'incidenza  delle  spese  di
personale e' pari o superiore al 50 per cento delle spese correnti di
procedere ad  assunzioni  di  personale  a  qualsiasi  titolo  e  con
qualsivoglia  tipologia  contrattuale;  i   restanti   enti   possono
procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite
del 40 per cento della spesa corrispondente alle cessazioni dell'anno
precedente. Ai soli fini del  calcolo  delle  facolta'  assunzionali,
l'onere per le assunzioni del personale  destinato  allo  svolgimento
delle funzioni in materia di polizia locale, di istruzione pubblica e
del settore sociale e' calcolato nella  misura  ridotta  del  50  per
cento; le predette assunzioni continuano a  rilevare  per  intero  ai
fini del calcolo delle spese di personale previsto dal primo  periodo
del presente comma. Ai fini del computo della percentuale di  cui  al
primo periodo si calcolano le spese  sostenute  anche  dalle  aziende
speciali, dalle istituzioni  e  societa'  a  partecipazione  pubblica
locale totale o di controllo che sono titolari di affidamento diretto
di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che  svolgono  funzioni
volte a soddisfare esigenze di interesse  generale  aventi  carattere
non industriale, ne' commerciale, ovvero che svolgono  attivita'  nei
confronti della  pubblica  amministrazione  a  supporto  di  funzioni
amministrative di natura pubblicistica. Entro il 30 giugno 2014,  con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri,  su  proposta  del
Ministro per la pubblica amministrazione  e  la  semplificazione,  di
concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e dell'interno,
d'intesa con la Conferenza unificata, e' modificata la percentuale di
cui al primo periodo, al fine  di  tenere  conto  degli  effetti  del
computo  della  spesa  di  personale   in   termini   aggregati.   La
disposizione di cui al terzo periodo non  si  applica  alle  societa'
quotate su mercati regolamentari. Per gli enti nei quali  l'incidenza
delle spese di personale e' pari o inferiore al 35  per  cento  delle
spese correnti sono ammesse, in deroga al limite del 40 per  cento  e
comunque nel rispetto degli obiettivi del patto di stabilita' interno
e dei limiti di contenimento complessivi delle spese di personale, le
assunzioni per turn-over che consentano  l'esercizio  delle  funzioni
fondamentali previste dall'art. 21, comma 3, lettera b), della  legge
5 maggio 2009, n. 42; in tal caso le disposizioni di cui  al  secondo
periodo trovano applicazione solo in riferimento alle assunzioni  del
personale destinato allo svolgimento delle  funzioni  in  materia  di
istruzione pubblica e del settore sociale.» 
    Tale disposizione e' stata abrogata dall'art. 3, comma 5, d.l. 24
giugno 2014, n. 90, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  11
agosto 2014, n.  114,  che  ha  dettato  una  novella  e  dettagliata
disciplina in tale ambito. Nello specifico statuisce che «Negli  anni
2014 e 2015 le regioni e gli  enti  locali  sottoposti  al  patto  di
stabilita' interno procedono  ad  assunzioni  di  personale  a  tempo
indeterminato   nel   limite   di   un   contingente   di   personale
complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 60 per cento  di
quella relativa al personale di ruolo cessato nell'anno precedente. 
    Resta  fermo  quanto  disposto  dall'art.  16,   comma   9,   del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 7 agosto 2012, n. 135. La predetta facolta'  ad  assumere
e' fissata nella misura dell'80 per cento negli anni 2016  e  2017  e
del 100 per cento  a  decorrere  dall'anno  2018.  Restano  ferme  le
disposizioni previste dall'art. 1,  commi  557,  557-bis  e  557-ter,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296. A decorrere dall'anno  2014  e'
consentito il cumulo delle risorse destinate alle assunzioni  per  un
arco  temporale  non  superiore  a  tre  anni,  nel  rispetto   della
programmazione del fabbisogno e di quella  finanziaria  e  contabile.
L'art. 76, comma  7,  del  decreto-legge  25  giugno  2008,  n.  112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.  133  e'
abrogato. Le amministrazioni di cui al presente comma  coordinano  le
politiche assunzionali dei soggetti di cui all'art. 18, comma  2-bis,
del citato decreto-legge n. 112 del 2008 al fine di  garantire  anche
per i medesimi soggetti una graduale riduzione della percentuale  fra
spese di personale e spese correnti, fermo restando  quanto  previsto
dal medesimo art. 18, comma 2-bis,  come  da  ultimo  modificato  dal
comma 5-quinquies del presente articolo.» 
    Tale ultima disposizione, nella parte in cui abroga la precedente
disciplina contenuta nell'art. 76, comma 7, del d.l. 25  giugno  2008
n. 112, sostituendo alla stessa una nuova dettagliata disciplina,  si
ritiene essere costituzionalmente illegittima per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
    Illegittimita' costituzionale per violazione dell'art. 117, comma
3 della Costituzione della Repubblica italiana. 
    La disposizione qui impugnata rientra nell'ambito  materiale  del
«coordinamento  della  finanza  pubblica»  di  cui  al  terzo   comma
dell'art. 117 Cost., ossia si tratta di  una  materia  di  competenza
legislativa concorrente. 
    Ne consegue che lo Stato puo' unicamente  adottare  provvedimenti
legislativi che statuiscano principi fondamentali  di  tale  materia,
cui  le  Regioni  devono  dare  attuazione  mediante   una   conforme
normazione  di  dettaglio.  A  tal  riguardo,  codesta  ecc.ma  Corte
costituzionale ha rilevato  che  «possono  essere  ritenute  principi
fondamentali in materia di coordinamento della finanza  pubblica,  ai
sensi del terzo comma dell'art. 117 Cost., le norme che si limitino a
porre obiettivi di riequilibrio della finanza  pubblica,  intesi  nel
senso di  un  transitorio  contenimento  complessivo,  anche  se  non
generale, della spesa corrente e  non  prevedano  in  modo  esaustivo
strumenti o modalita' per il perseguimento  dei  suddetti  obiettivi»
(sentenza n. 148 del 2012; conformi, ex plurimis, sentenze n. 232 del
2011 e n. 326 del 2010). 
    Si aggiunga che la Corte costituzionale ha affermato che  qualora
la legge statale vincolasse all'adozione di misure  analitiche  e  di
dettaglio in una determinata materia di competenza concorrente, (come
e' la misura consistente nel divieto di assunzione) essa  verrebbe  a
esorbitare illegittimamente il compito di formulare i  soli  principi
fondamentali della materia. Cfr. sentenza n. 159 del 2008. 
    Alla luce di cio' si deve ritenere che l'art. 3, comma 5, d.l. 24
giugno 2014, n. 90, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  11
agosto 2014, n. 114 nella parte in cui ha abrogato l'art.  76,  comma
7, del d.l. 25 giugno 2008 n. 112, come  convertito  dalla  legge  n.
133/08, sia illegittimo in quanto non si limita ad abrogare una norma
«vincolistica», gia' di per se' di dubbia  costituzionalita',  ma  vi
sostituisce una  disciplina  di  dettaglio  sicuramente  disforme  ai
principi sopra menzionati, in quanto  lesiva  del  dettato  dell'art.
117, comma 3 della Costituzione della Repubblica italiana. 
    Illegittimita' costituzionale per violazione degli artt. 3  e  97
della Costituzione della Repubblica italiana. 
    L'art. 3, comma 5, d.l. 24 giugno 2014, n. 90,  rubricato  «Spese
di personale per gli  enti  locali  e  delle  camere  di  commercio»,
convertito, con modificazioni, dalla legge 11  agosto  2014,  n.  114
nella parte in cui ha abrogato l'art. 76, comma 7, del d.l. 25 giugno
2008 n. 112, come convertito dalla legge n. 133/08, si pone anche  in
contrasto con gli artt. 3 e 97  della  Costituzione  sotto  forma  di
violazione  dei  canoni  di  eguaglianza,   ragionevolezza   e   buon
andamento. 
    In particolare si rileva che, elidendo  il  divieto  ad  assumere
previsto nella norma abrogata nei  confronti  degli  enti  nei  quali
l'incidenza delle spese di personale sia pari o superiore al  50  per
cento   delle   spese   correnti,   si   crea   una    ingiustificata
discriminazione tra gli enti  locali  che  abbiano  coerentemente  ed
efficientemente perseguito il contenimento  della  spesa  pubblica  e
quelli che invece abbiano, intenzionalmente o no, sforato tale limite
percentuale. La mancanza di una previsione che tenga conto  di  cio',
nella  novella   disciplina,   determina   dunque   un'ingiustificata
equiparazione di soggetti  e  comportamenti  completamenti  disformi,
taluni  guidati  da  ragioni  di  pubblico  interesse  afferenti   al
risparmio della  spesa,  altri  invece  palesemente  non  virtuosi  e
forieri di inefficienza. 
    Cio'  determina  non   solo   una   evidente   diseguaglianza   e
irragionevolezza della norma impugnata, ma anche una  violazione  del
canone del buon andamento di  cui  all'art.  97  che  deve  informare
l'agire pubblico e la disciplina legislativa che lo regola, non  solo
nell'attribuire  pubbliche  potesta',  ma  anche  nel   disciplinarne
l'organizzazione e il funzionamento dell'apparato pubblico  in  tutte
la sua strutturazione. Ricollegando infatti un effetto premiale  alla
violazione di una legge dedicata a perseguire il buon andamento della
funzione pubblica.